18/2/2021

Perché è importante acquisire tecniche di comunicazione per migliorare l’adesione vaccinale per il Covid-19, e come lo si può fare

A cura di: Giacomo Galletti, ARS Toscana
"Oh! come suona di vuoto, la scienza,
quando vi va a urtare con disperazione
una testa piena di passioni!"
V. Hugo, Notre-Dame de Paris. 1831

L’evoluzione temporale della “accettazione vaccinale”

Il 20 giugno scorso su quotidianosanità.it appare un titolo: Vaccino Covid. Sondaggio shock della Cattolica: “Quasi 1 italiano su 2 dice che non si vaccinerà. Secondo la ricerca effettuata dall’EngageMinds Hub dell’Università Cattolica, infatti, il 41% degli italiani probabilmente non si sarebbe vaccinato contro Covid-19.
Che il rapporto tra cittadini italiani e vaccinazione non fosse esattamente da luna di miele si sapeva, ma neppure all’estero le cose vanno molto meglio.
Guardando oltre oceano, infatti, secondo un’indagine nazionale condotta a luglio, gli americani disponibili a vaccinare se stessi e i propri figli sono due su tre. L’esitanza vaccinale negli Stati Uniti viene indicata al 20% da uno studio pubblicato a settembre sul Lancet (insieme al 27% della Francia e all’incoraggiante 5% dell’Australia) per poi essere rialzata al 49% da un sondaggio del 17 settembre, che attesta come la disponibilità a vaccinarsi sia crollata di 21 punti percentuali da maggio a settembre.

Mano a mano che il tema vaccini prende piede, anche alla luce degli esiti dei primi trial e delle prospettive temporali per l’approvazione (si parla di fine anno), il tema dell’adesione inizia ad essere trattato come “l’altra faccia della medaglia” della questione vaccinale. Già dall’estate, come si è inteso, l’interesse scientifico ha deviato dal più generale tema della sperimentazione per accarezzare la questione dei comportamenti individuali, e interrogarsi in merito. Non c’è infatti bisogno di spiegare come gli atteggiamenti vaccinali siano stati ostentati in modo fortemente polarizzato nelle interazioni dei maggiori social e non solo, anche con il concorso delle fake news, spingendo la ricerca ad affrontare il tema in modo specifico.

Fiducia nei vaccini? Cala dove c’è instabilità politica ed estremismo religioso, si legge il 23 settembre su Infodata, blog del Sole24Ore, dove si dà conto di uno studio pubblicato su Lancet e si apprende che la fiducia nella sicurezza dei vaccini in generale è (in fin dei conti) volatile e variabile. Così non ci stupiamo più di tanto se in Italia il 5 ottobre, secondo un’indagine Doxa, gli esitanti vaccinali da 4 su 10 risulterebbero la metà, con il 60% comunque poco propenso a fare da cavia.

Il 20 ottobre è la prestigiosa rivista Nature a richiamare l'importanza di un'informazione chiara e completa, seguita da uno studio del Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Firenze che focalizza l’attenzione sulla “vaccine literacy

A novembre, tuttavia, forse complice la seconda ondata dei contagi, qualcosa sembra essere cambiato: gli statunitensi contrari alla vaccinazione, secondo un sondaggio pubblicato dalla Kaiser Family Foundation richiamato da Repubblica, sembrano essere scesi ad uno su quattro, per quanto riguarda gli italiani, per due su tre il vaccino costituirebbe addirittura l’arma vincente contro la pandemia (sondaggio Demopolis su Huffington Post), mentre 8 su 10 sarebbero pronti a farlo (analisi effettuata da Emg-Different/Adnkronos, sempre su Repubblica). Forse non proprio 8 su 10, però almeno due su tre, almeno per quanto riguarda il periodo di indagine tra agosto e novembre (approfondimento realizzato nell'ambito delle sorveglianze Passi e Passi d'Argento, coordinate dall'Istituto Superiore di Sanità).

Il punto di fine anno sull’accettazione vaccinale nel mondo sarà infine fatto da una “Revisione sistematica rapida”, cui fare riferimento per definire il territorio entro il quale utilizzare le risorse strumentali e informative di cui stiamo per dare conto, e che possono aiutare la costruzione di una strategia di comunicazione efficace per promuovere l’adesione ai nuovi vaccini Covid da parte della popolazione generale.

Perché è importante acquisire tecniche di comunicazione per migliorare l’adesione vaccinale per il Covid-19, e come lo si può fare

Organizzare una campagna vaccinale tenendo conto dei “comportamenti”

Va a questo punto affermato che i riferimenti all’esitanza vaccinale sopra indicati non sono l’esito di una indagine sistematica, piuttosto vengono proposti per formulare uno scenario con cui la programmazione delle campagne vaccinali per il Covid dovrà farei i conti, ovvero le “resistenze comportamentali” delle persone.

Il 15 ottobre, infatti, il Gruppo di consulenza tecnica per le scienze comportamentali dell'OMS (TAG) ha discusso con il Dipartimento dell'immunizzazione, sempre dell'OMS, gli aspetti comportamentali relativi all’accettazione del vaccino per il COVID-19. Dall’incontro è scaturito un documento che, sulla base della letteratura scientifica in materia, può costituire un utile riferimento per la costruzione di una campagna vaccinale efficace dal punto di vista comportamentale. In particolare, alcune informazioni sul contesto generale all’interno del quale organizzare l’azione sono posti in forma interrogativa. Nel dettaglio:
  1. il luogo dove viene proposta la vaccinazione è facilmente e convenientemente raggiungibile?
  2. sono sostenibili i costi diretti e indiretti (in termini cioè di spostamento, di tempo dedicato o di opportunità per ore di lavoro perse) per le persone?
  3. quanto tempo si deve “consumare” nell’intraprendere il percorso che porta alla vaccinazione? È facile accedere alla prenotazione? La somministrazione del vaccino è facilmente accessibile negli orari proposti?
  4. l’esperienza della vaccinazione sarà positiva? Le persone saranno trattate con gentilezza, rispetto e comprensione? Gli operatori sanitari coinvolti saranno in grado di dare tutte le informazioni richieste?
  5. l’informazione per le persone sarà facile da comprendere, chiara nell’indicare quello che dovranno fare, sui benefici che riceveranno e sui potenziali effetti collaterali?
  6. la vaccinazione nei luoghi di lavoro è automaticamente prevista - di default - per tutti i dipendenti (in particolare per gli operatori sanitari), richiedendo loro di dichiarare l’eventuale intenzione di non vaccinarsi?
  7. la vaccinazione è richiesta obbligatoriamente per le figure che svolgono determinate attività che li espone ai rischi di contagio in modo particolare?
Nelle successive sessioni, cui rimandiamo la lettura, il documento indica ulteriori strumenti per far leva sulle cosiddette “norme sociali” e sulle motivazioni delle persone, secondo le indicazioni della letteratura. In ogni caso, un’interessante infografica sintetizza efficacemente i temi del report.

Due mesi dopo circa, siamo già a metà dicembre, alcuni dei temi sollevati dal documento dell’OMS vengono rilanciati dal Journal of the American Medical Association (JAMA), quando viene pubblicato un “punto di vista” che indica cinque strategie da perseguire, per promuovere la vaccinazione, tenendo conto degli aspetti comportamentali. Le strategie, anche in questo caso ispirate dagli studi in materia di scienze comportamentali, possono riassumersi in:
  1. rendere il vaccino gratuito e facilmente accessibile, sia in relazione alla raggiungibilità dei luoghi dove potersi vaccinare, sia in relazione alla tempistica tra prenotazione ed erogazione della prestazione
  2. condizionare l’accesso ad alcuni contesti sociali al fatto di essersi vaccinati; è il caso dei negozi o dei ristoranti dove, per proteggere il personale dal rischio di contagio, oltre all’obbligo della mascherina può essere richiesta anche l’avvenuta vaccinazione
  3. rendere pubblico il supporto (endorsement) all’iniziativa da parte di figure cui sia accreditata capacità di leadership presso la società o specifiche comunità, e che ispirino fiducia
  4. favorire un accesso prioritario alla vaccinazione alle persone che si siano prenotate prima che la disponibilità di dosi sia sufficiente a coprire la maggioranza della popolazione, facendo leva sul concetto di impegno sociale e scarsità del bene richiesto
  5. trasformare le decisioni individuali di vaccinazione in un atto pubblico, facendo leva sulle norme sociali di comportamento virtuoso.
Infine, per dare conto di ulteriori strategie relative all’utilità delle scienze comportamentali per le campagne di vaccinazione, rimandiamo alla recensione effettuata su questo stesso sito web di un articolo pubblicato ad inizio anno sul New England Journal of Medicine (NEJM). Nella recensione appaiono due riferimenti interessanti. Il primo è la piramide delle “tattiche” comunicative da adottare nell’organizzazione di una campagna vaccinale in base al grado di esitazione vaccinale di ogni popolazione; il secondo è un manuale pratico per migliorare la comunicazione della vaccinazione e prevenire la disinformazione, COVID-19 Vaccine Communication Handbook. Quest’ultimo documento, in lingua inglese, si rivela uno strumento molto utile per giornalisti, medici, infermieri, responsabili politici, ricercatori, insegnanti, studenti, genitori, e in genere tutti coloro che vogliono saperne di più sui vaccini COVID-19 e su come parlarne correttamente agli altri.

È a questo punto che il tema specifico di come comunicare la vaccinazione diventa rilevante all’interno della programmazione delle campagne vaccinali.

Dall’attenzione ai comportamenti all’attenzione alla comunicazione (online)

Il sopracitato COVID-19 Vaccine Communication Handbook viene pubblicato il 7 gennaio scorso. A quella data, tuttavia, sono già disponibili interessanti risorse online sul tema della comunicazione della vaccinazione, per di più in lingua italiana.
Ci riferiamo in particolare ad un Manifesto per la comunicazione del vaccino contro Covid-19, pubblicato il 23 dicembre scorso sulla rivista online “Scienze in rete” da due giornalisti e consulenti di strategie digitali, Francesco Marino e Nicola Zamperini. Il Manifesto risulta particolarmente interessante per il fatto di dare rilevanza ai meccanismi di funzionamento della rete e dei social, dove transita una buona parte della comunicazione in tema vaccini.
Scrivono infatti gli autori: “La strada è raccontare, parlare, spiegare. E farlo dove le persone stanno per la maggior parte del tempo, soprattutto nel decennio che si è appena aperto: nello spazio digitale. È necessario che media e istituzioni comprendano che, come nel caso della pandemia, la comunicazione del vaccino anti-Covid non è accessoria, ma è anzi parte integrante di uno sforzo che ha come obiettivo l’immunità di gregge. Che, ancora, come vedremo, le comunicazioni (al plurale) attorno al vaccino hanno lo stesso rilievo dello sforzo organizzativo, logistico che investe le istituzioni e i singoli.”

Il Manifesto si articola in dieci punti. Eccoli in sintesi.

1. Ascoltare la rete.
Per chi vuole costruire una comunicazione efficace, l’ascolto è prioritario. Ascoltare la rete secondo gli autori prevede non solo seguire con attenzione le conversazioni nei social network, in particolare quelle dei gruppi “scettici” per comprenderne a fondo le ragioni, ma anche “misurare” quantitativamente le interazioni in rete, sia sui social che in ambito più generale, come ad esempio le ricerche su Google.

2. Parlare, spiegare, raccontare, scrivere.
È importante spiegare, raccontare, produrre contenuti, verificati, quanti più possibile. Non conta solo la qualità dei contenuti, ma anche, in questo contesto, la quantità.

3. Accorciare le distanze.
Il punto ha a che fare con la distanza sia fisica che comunicativa. È necessario riannodare i fili, ricostruire le relazioni, facendolo in modo paritario, senza che una delle parti si erga a detentore di un sapere o una verità. Riannodare i fili si fa “parlando un linguaggio comprensibile a tutti, accettando dubbi, rimostranze, problemi, senza urlare, senza inutili dimostrazioni di forza.” La vaccinazione non è una prova di forza.

4. Rispondere alle paure.
Gli autori invitano a guardare dietro alle fake news per scorgervi paure e insicurezze, personali e collettive, per rispondervi “con il dialogo e un incoraggiamento mai aggressivo”, che possa riferirsi, ma che non si riduca, al debunking (peraltro giudicato inefficace secondo alcuni studi quantitativi realizzati in tempi non sospetti).

5. Riconoscere che la prima mediazione la fanno gli algoritmi.
Per fare sì che il messaggio raggiunga le persone, bisogna scrivere non solo per loro, ma anche per gli algoritmi. Bisogna cioè essere consapevoli dei meccanismi di funzionamento degli algoritmi che facilitano la circolazione delle informazioni, e sfruttarli.

6. Riempire i vuoti.
I data void sono “buchi di informazioni nello spazio digitale, di spazi di senso ancora non presidiati”, nel senso che manca la corrispondenza tra alcuni contenuti che siano oggetto di ricerca online, o alcune parole chiave, e riferimenti informativi scientificamente autorevoli. In questi vuoti prosperano le fake news.

7. Ragionare sulle micro-comunità.
Ogni comunità, piccola o grande che sia, ha il suo influencer. Che sia un leader politico locale, un professionista autorevole, o comunque una persona in grado di attrarre interesse e fiducia, è a costui o costei che va consegnato il megafono per diffondere il messaggio. “Comunicare il vaccino anti-Covid vuol dire portare a bordo il numero più alto possibile di megafoni, di moltiplicatori di messaggi, di rassicuratori di micro-comunità.”

8. Creare una cassetta degli attrezzi per chi vuole essere testimonial.
La cassetta degli attrezzi non è altro che uno spazio digitale dove mettere a disposizione i materiali informativi cui il testimonial – o chiunque voglia diffondere il messaggio - possa facilmente accedere (qui l’esempio dell’NHS, il sistema sanitario inglese).

9. La comunicazione deve portare a una conversione.
La “conversione” è un concetto dell’e-commerce, in riferimento al quale la comunicazione non si debba limitare ad informare, ma debba portare il ricevente a “fare qualcosa”, subito. In questo caso specifico, un esempio può essere mettere a disposizione il link per la prenotazione del vaccino online, “garantendo così la gestione dell’intero percorso all’interno dello spazio digitale. In sostanza, è importante che l’utente non incontri difficoltà: il percorso deve essere facile, lineare, non offrire spazi di scetticismo.”

10. Tanti pubblici, molti formati, un solo messaggio.
Raggiungere il maggior numero di persone possibile vuol dire comunicare con persone diverse, con attitudini, competenze, livelli di scolarizzazione, di alfabetizzazione, di fiducia nella scienza e nelle istituzioni diversi. Allora “il messaggio va declinato in varie modalità, in tante, in differenti formati: tutti quelli che lo incontrano devono riuscire a comprenderlo, devono essere in grado di farlo proprio.”

Se il Manifesto apparso su Scienza in rete a dicembre è declinato prevalentemente per una comunicazione in rete, la guida comparsa il 12 gennaio scorso su un’altra rivista online, Valigia Blu, mantiene un approccio più generale relativamente agli strumenti comunicativi, con riferimenti invece più mirati agli atteggiamenti da adottare verso chi si dimostra scettico verso la vaccinazione.
All’interno dell’articolo, la guida è presentata come infografica, da cui si evince come sia necessario guardare le persone che esitano a vaccinarsi con “compassione, sensibilità e rispetto”. Si può trattare in molti casi di persone che possono essere dissuase a vaccinarsi sia da analisi troppo dettagliate o da un tipo di linguaggio troppo tecnico, che dia però l’impressione di scarsa trasparenza nel sorvolare sugli effetti collaterali del vaccino. Come nel caso precedente, una comunicazione mirata e ispirata da adeguate strategie e tecniche è una condizione necessaria, pur se non sufficiente, per una campagna vaccinale efficace.
Viene quindi riproposta l’importanza di individuare dei “leader di opinione” o professionisti che godano di particolare fiducia presso la popolazione; tra questi vi sono certamente gli operatori sanitari, che pertanto è importante che dimostrino la propria disponibilità alla vaccinazione, in un contesto comunicativo in cui le istituzioni dovranno risultare ovviamente allineate. Come nel caso del Manifesto di Scienza in rete, i gruppi “no-vax” non vanno ignorati (o, aggiungeremmo, attaccati), ma ascoltati con attenzione.
Nell’ambito più specifico delle tecniche di comunicazione, citare statistiche risulta meno efficace che raccontare storie, e in particolare quegli aneddoti sulle persone che reagiscono positivamente all’esperienza vaccinale (rimandiamo qui alla citazione iniziale).
Per contro, la prevenzione della disinformazione dovrebbe richiedere interventi tempestivi (tipo “smontando” affermazioni palesemente false prima che le persone ne vengano a conoscenza) e l’accortezza di non amplificarla nel momento in cui ci si presta alla confutazione, o al già menzionato debunking; alla base di tutto rimane tuttavia l’investimento per migliorare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione.
Infine, ancora una volta, si sottolinea l’importanza dell’ascolto, di uno sforzo teso comprendere a fondo quei pregiudizi che possano compromettere la diffusione del messaggio e la sua comprensione.

Comunicare, in conclusione, non è mai un’operazione banale e scontata, ma è un’attività che richiede competenza, dedizione e pazienza: ogni messaggio, ogni parola di cui esso si compone richiede la cura e l’attenzione del miniaturista medioevale, consapevole della propria responsabilità nel rendere l’operato degno di essere diffuso attraverso le genti, di durare attraverso il tempo.
miniatura comunicazioneEsempio di salterio diurno miniato del sec. XVII (da wikimedia)





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