Come ogni anno dal 1988, il 1 dicembre si celebra la
giornata mondiale contro l'Aids per mantenere alta l’attenzione su un’emergenza di salute pubblica mondiale e come sempre questo è il momento di bilanci e sfide. Il tema su cui si concentra la giornata nel 2021 è la
lotta alle disuguaglianze, con un'attenzione particolare all'obiettivo di "raggiungere coloro che sono rimasti indietro".
Ma le disuguaglianze non si vedono solo nell'accesso ai servizi essenziali per l'HIV, purtroppo. A metà del 2021, la maggior parte delle persone che vivevano con l'HIV (people living with HIV - PLHIV), a rischio di esiti più gravi di
COVID-19 e comorbilità più elevate post malattia,
non aveva ancora accesso ai vaccini.
Studi in Inghilterra e Sud Africa hanno scoperto che il
rischio di morire di COVID-19 tra le
persone con HIV era più
alto di quello della popolazione generale.
Nell'
Africa subsahariana, che ospita i due terzi (67%) delle persone che vivono con l'HIV, i vaccini anti COVID-19 che possono proteggerle, non stanno arrivando abbastanza velocemente:
nel luglio 2021,
meno del 3% delle persone in Africa ne aveva ricevuto almeno
una dose.
I
lockdown e le altre restrizioni hanno poi interrotto il monitoraggio della diffusione dell'HIV e in molti paesi si sono verificati forti
cali nel numero di diagnosi e rinvii nei programmi di cura.
Il Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria ha riferito che, secondo i dati raccolti presso 502 strutture sanitarie in 32 paesi africani e asiatici, i test HIV sono diminuiti del 41% e le richieste di diagnosi e trattamento del 37% durante il primo lockdown nel 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019.
Nel
2020,
680.000 (480 000-1,0 milioni) persone sono
morte per cause correlate all'HIV e
1,5 milioni (1,0-2,0 milioni) di persone hanno
contratto l'infezione. Per raggiungere gli obiettivi globali proposti dall'UNAIDS (95-95-95), sarà necessario raddoppiare gli sforzi per evitare lo
scenario peggiore ovvero 7,7 milioni di decessi correlati all'HIV nei prossimi 10 anni, per l'aumento delle infezioni da HIV dovute alle interruzioni e al rallentamento dei servizi per i malati durante la pandemia.
Se vogliamo porre fine all'AIDS per il 2030, è urgente
porre fine alle disuguaglianze economiche, sociali, culturali e legali.
L'OMS mette in guardia: l'infezione da HIV aumenta il rischio di COVID-19 grave e critico
Un
rapporto dell'OMS di luglio 2021 conferma che l'
infezione da HIV è un significativo
fattore di rischio sia perché aumenta la possibilità di
COVID-19 grave/critica al momento del ricovero ospedaliero, che per la
mortalità intraospedaliera. Complessivamente, quasi un quarto (23,1%) di tutte le persone che vivono con l'HIV che sono state ricoverate in ospedale con COVID-19, è deceduto.
Il rapporto si basa sui
dati di sorveglianza clinica di 37 paesi relativi al rischio di esiti negativi del COVID-19 nelle persone che vivono con l'HIV ricoverate in ospedale per COVID-19.
Il rischio di sviluppare COVID-19 grave o fatale era del
30% maggiore nelle persone con HIV rispetto alle persone senza infezione da HIV.
Patologie concomitanti come il diabete e l'ipertensione, che sono comuni tra le PLHIV, specialmente tra gli uomini con HIV di età superiore ai 65 anni, sono state associate a un aumentato rischio di COVID-19 severo e fatale.
Sebbene vi sia la percezione che questo momento di crisi non sia il momento giusto per dare priorità alla
lotta alle ingiustizie sociali sottostanti a questa malattia, è chiaro però che se non si affrontano la crisi non può essere superata. Affrontare le disuguaglianze è una promessa globale di vecchia data, la cui urgenza adesso è solo aumentata.
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