Recentemente i mass media hanno pubblicato articoli con titoli in cui ricorre spesso il termine “
sindemia”.
L’interesse dei mass media è iniziato in seguito all’articolo
COVID-19 is not a pandemic di Richard Horton, pubblicato il 26 settembre su
The Lancet. L’autore sostiene che l’approccio nella gestione della diffusione, ma soprattutto della patologia, sia sbagliato, perché la crisi sanitaria è stata affrontata focalizzando l’attenzione alla malattia infettiva, e non con un “
approccio sindemico”.
Diverse patologie interagiscono nella popolazione: l'infezione da SARS-CoV-2 e una serie di patologie non trasmissibili. Queste condizioni si manifestano all’interno soprattutto dei gruppi sociali secondo
pattern di disuguaglianze profondamente radicati nelle nostre società. Il concentrarsi di queste malattie su uno sfondo di disparità sociali ed economiche inasprisce gli effetti negativi di ogni singola malattia.
Cos’è una sindemia e qual è l’approccio sindemico
Dal punto di vista etimologico “sindemia” deriva dal greco συν (
insieme) e δήμος (
popolo), con sottinteso “νόσημα” (
patologia). Il carattere distintivo di una sindemia è in effetti la
presenza di due o più patologie concomitanti, che interagiscono negativamente, influenzando sfavorevolmente il corso specifico di ciascuna e aumentano la vulnerabilità.
Già negli anni novanta del secolo scorso, il medico e antropologo Merril Singer specificava che: «Le sindemie sono la concentrazione e l'interazione deleteria di due o più malattie o altre condizioni di salute in una popolazione, soprattutto come conseguenza dell'ineguaglianza sociale e dell'esercizio ingiusto del potere» [«Syndemics are the concentration and deleterious interaction of two or more diseases or other health conditions in a population, especially as a consequence of social inequity and the unjust exercise of power»].
The Lancet pubblicava nel 2017 un insieme di articoli, inserendoli in una
serie denominata Syndemics.
Un “approccio sindemico” esamina le
conseguenze sulla salute delle
interazioni tra le patologie e i fattori sociali, ambientali o economici che promuovono tale interazione e peggiorano la malattia. Come già asseriva Singer, la comprensione di questi meccanismi è importante per la prognosi, il trattamento e le politiche sanitarie.
La serie di studi pubblicata da
The Lancet, voleva valorizzare l'
approccio sindemico, spiegando anche le
importanti differenze con gli approcci convenzionali alla salute pubblica e all’erogazione dell’assistenza sanitaria, basati solo sul concetto di multimorbidità.
Un'immagine ripresa da Mendenhall E, Kohrt BA, Norris SA, Ndetei D, Prabhakaran D.
Non-communicable disease syndemics: poverty, depression, and diabetes among low-income populations ci fornisce un esempio.
Modello per approcci sindemici alla salute. (A) Esempio: la depressione contribuisce alle risposte pro-infiammatorie e riduce la tolleranza al glucosio. Al contrario, citochine infiammatorie associate al diabete contribuiscono alla depressione. Il trattamento di un paziente depresso utilizzando un adiuvante antipsicotico atipico potrebbe contribuire alla sindrome metabolica, aumentando il rischio di diabete. (B) Esempio: un paziente potrebbe non percepire il diabete e la depressione come condizioni separate. Invece, il paziente si concentra su limitazioni funzionali come stanchezza e scarsa concentrazione. (C) Esempio: ai pazienti con diagnosi di diabete potrebbero essere forniti interventi di promozione della salute per ridurre il rischio di depressione. I pazienti con entrambe le condizioni potrebbero essere arruolati in un programma di trattamento assistenziale collaborativo. Le politiche sociali dovrebbero affrontare i fattori di rischio comuni per diabete e depressione (p. es., dieta ed esercizio fisico, insicurezza finanziaria, violenza interpersonale e coesione sociale).
Covid-19: l'impatto disuguale dell'infezione da SARS-CoV-2
Gli articoli pubblicati nel 2017 da The Lancet propongono l’adozione di un
modello sindemico, anche
per contrastare le disuguaglianze di salute. Un più
recente studio, riferito alla gestione delle malattie non-trasmissibili in paesi a medio e basso reddito, propone uno schema riassuntivo dei vari fattori che interagiscono nella pandemia.
Lo stesso articolo propone possibili strategie:
In un
articolo, pubblicato online a settembre, anche Giuseppe Costa asseriva che l’
epidemia Covid-19 ha conseguenze molto disuguali tra le classi sociali, conseguenze che sono crescenti passando dal rischio di contagio a quello delle manifestazioni più gravi del virus. Conoscere i meccanismi di generazione di tali disuguaglianze è il primo passo per adottare politiche e azioni appropriate.
Costa evidenziava che, per quanto riguarda i meccanismi sanitari, la
pandemia potrebbe essere socialmente disuguale per la
frequenza:
- con cui ci si infetta col virus SarsCov2
- con cui ci si ammala e aggrava di COVID-19 e quindi si viene ricoverati
- con cui si muore per COVID-19,
- con cui si incontrano ostacoli alle cure per COVID-19
- con cui si incontrano ostacoli alle cure per altre patologie differenti da COVID-19.
Una tabella ci aiuta a sintetizzare:
E’ da notare che il documento completo di riferimento della tabella era stato redatto da Marra e Costa nell’aprile del 2020,
Un health inequalities impact assessment (HIIA) della pandemia di COVID-19 e delle politiche di distanziamento sociale.
Le disuguaglianze di salute durante la pandemia in Toscana
La Toscana ha iniziato a delineare e quantificare l’aspetto del
rinvio di cure per problemi di salute non Covid-19, con la prospettiva di affrontare il problema. Un
approfondimento pubblicato da ARS, a cura di Francesconi e Bellini, conferma alcuni dei risultati attesi circa la gestione delle cronicità durante l’emergenza da Covid-19.
Gli
assistiti affetti da condizioni croniche sono stati
seguiti a livello territoriale con
minore intensità nei primi cinque mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con particolare riguardo all’assistenza specialistica e al follow-up diagnostico. La riduzione più contenuta dell’aderenza terapeutica è in parte attribuibile al sistema di ricette elettroniche attivato via SMS all’inizio della pandemia: questo però ha portato, come voluto, ad una drastica
diminuzione dei contatti fisici tra pazienti e medici di medicina generale; d’altra parte è probabile che sia venuto a mancare un dialogo fondamentale fra le due parti. La
diminuzione dei tassi di accesso al Pronto soccorso e di
ricovero ospedaliero non può essere interpretata come esito positivo di salute, piuttosto come una ridotta accessibilità ai servizi.
Sebbene il dato sia da confermare con un’osservazione più estesa nel tempo, nel primo pentamestre del 2020 si osserva già un aumento della mortalità prematura. L’attuale fase della pandemia vede un notevole aumento di nuovi casi: è quindi fondamentale che i
servizi si organizzino per garantire sia le
cure per i malati di Covid-19 sia la
continuità di assistenza per i malati cronici. In caso contrario, il “rallentamento” della presa in carico per le cronicità si sommerebbe all’impatto diretto della pandemia sulla salute dei cittadini, con un esito fortemente negativo: le malattie croniche infatti rendono più suscettibili a forme gravi di infezione; viceversa è probabile che il Covid-19 predisponga a peggioramenti di preesistenti condizioni croniche.
L’articolo di Francesconi e Bellini termina proprio con una frase ripresa dal Horton in The Lancet
COVID-19 is not a pandemic: «
COVID-19 is not a pandemic. It is a syndemic…
A syndemic is not merely a comorbidity. Syndemics are characterised by
biological and social interactions between conditions and states, interactions that increase a person’s susceptibility to harm or worsen their health outcomes. In the case of COVID-19, attacking NCDs (ndr. non communicable diseases) will be a prerequisite for successful containment».
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