Nature ha recentemente pubblicato uno
studio (non free online) in cui viene ipotizzato che nei prossimi 50 anni, il
cambiamento climatico potrebbe portare a oltre
15.000 nuovi casi di mammiferi che trasmettono virus ad altri mammiferi.
Lo studio (modelling study) è uno dei primi a prevedere come il
riscaldamento globale sposterà gli habitat della fauna selvatica e
aumenterà gli incontri tra specie in grado di scambiare agenti patogeni.
Lo studio quantifica inoltre
quante volte ci si aspetta che i virus saltino tra le specie.
Gli autori hanno simulato i potenziali hotspot di
futura condivisione virale, utilizzando un modello filogeografico della rete
virus-mammiferi e
proiezioni di spostamenti di area geografica per 3.139 specie di mammiferi, in scenari di cambiamento climatico e utilizzo del suolo per l'
anno 2070.
Viene previsto che le
specie si aggregheranno in nuove combinazioni ad alta quota, in hotspot di biodiversità e in aree ad alta densità di popolazione umana in Asia e Africa, guidando la
nuova trasmissione tra specie dei loro virus
circa 4.000 volte.
A causa della loro capacità unica di dispersione, i
pipistrelli rappresentano la maggior parte della nuova condivisione virale ed è probabile che
condividano virus lungo percorsi evolutivi che faciliteranno la futura emergenza negli esseri umani.
Sorprendentemente, gli autori si sono resi conto che questa
transizione ecologica potrebbe essere già in corso e mantenere il riscaldamento al di sotto di 2 °C entro un secolo, non ridurrà la futura condivisione virale.
I risultati dello studio evidenziano l'urgente
necessità di associare la sorveglianza virale e gli sforzi della
ricerca, con le
indagini sulla biodiversità che tengano traccia dei cambiamenti di gamma delle specie, specialmente nelle regioni tropicali che ospitano la maggior parte delle zoonosi e stanno vivendo un rapido riscaldamento.
L’
aumento previsto dallo studio del
numero di virus che saltano tra le specie, potrebbe innescare diverse
epidemie, ponendo una seria minaccia alla salute umana e animale.
C’è quindi una ragione in più per i governi e le organizzazioni sanitarie circa la necessità di investire nella
sorveglianza dei
patogeni e
migliorare le
infrastrutture sanitarie nelle zone a rischio.
La
news redatta da Gilbert Natasha, nella versione online, ci presenta un’immagine eloquente:
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