Il 31 marzo scorso il
team COVID-19 dell’Imperial College ha pubblicato il rapporto
Estimating the number of infections and the impact of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in 11 European countries, primo di una serie, che punta a misurare l’
impatto delle misure di contenimento attuate dai
paesi europei per
contenere la diffusione del virus.
L’
Imperial College è un’università londinese, sede, tra le altre cose, del
centro dell’Organizzazione mondiale di sanità per la modellazione delle malattie infettive. In questo approfondimento riassumiamo metodologia, risultato e conclusioni del rapporto.
Cos’è il numero di riproduzione di una malattia infettiva?
Un agente patogeno, come il virus COVID-19,
al suo primo ingresso in una popolazione è caratterizzato da un
parametro, chiamato
numero di riproduzione primario e denotato con
R0, che rappresenta il
numero di persone che una persona infettata mediamente contagia nel corso del proprio periodo infettivo.
Questo
numero dipende sia dalle
caratteristiche dell’agente patogeno (per esempio dal fatto che sia o meno presente nella saliva), sia dalle
caratteristiche della popolazione (per esempio dal fatto che sia costume salutarsi con un bacio oppure no). Entrambi gli aspetti incidono sulla capacità dell’agente patogeno di trovare un modo per passare da una persona a un’altra, ma, mentre non è possibile agire sulle caratteristiche del virus, è possibile introdurre misure che modifichino le abitudini della popolazione.
Quando nella popolazione si introducono degli
interventi per contenere l’agente patogeno, come quelli introdotti in Italia, il
numero di persone che un infettato mediamente contagia nel corso del proprio periodo infettivo
cambia, auspicabilmente diminuisce: il nuovo numero al tempo t si chiama
numero di riproduzione effettivo al tempo t e si denota con
Rt.
Quando
Rt è
maggiore di 1 l’
epidemia si espande, perché in media un infettato contagia più persone, che a loro volta contageranno più persone e così via.
Quando
Rt è
minore di 1 l’
epidemia tende invece ad esaurirsi, tanto più rapidamente quando più piccolo è questo numero, perché ogni infettato tenderà a non contagiare altre persone.
Obiettivi del rapporto
L’analisi dell’Imperial College vuole fornire
stime affidabili di quanto sia variato Rt in alcuni
paesi europei a seguito dell’introduzione delle
politiche di contenimento, quanto cioè queste ultime siano riuscite a ridurre il numero di persone che un infettato mediamente contagia.
Gli interventi analizzati sono rappresentati in questa figura (tratta dal rapporto stesso).
Metodologia
Il rapporto analizza i
dati dei decessi osservati giornalmente nei paesi europei, raccolti dallo European Center for Disease Control (ECDC). Inoltre utilizza alcuni parametri:
- una stima della letalità da COVID-19 per classe di età, ottenuta dallo studio Estimates of the severity of coronavirus disease 2019: a model-based analysis pubblicato a fine marzo su The Lancet Infectious Diseases, basato sull’osservazione di soggetti che hanno lasciato la Cina durante la prima fase dell’epidemia e che sono stati testati indipendentemente dal fatto di presentare o no sintomi
- due distribuzioni, dallo stesso studio, su coloro che non sopravvivono all’infezione:
- il tempo che trascorre tra il momento dell’infezione e il momento in cui compaiono i sintomi (mediamente: 5,1 giorni)
- il tempo che trascorre tra il momento in cui compaiono i sintomi e quello in cui avviene il decesso (mediamente: 18,8 giorni)
- un ventaglio di scenari possibili sul tempo tra il momento in cui una persona si infetta e quello in cui infetta un’altra persona (scenario principale: media di 6,5 giorni)
- la distribuzione del numero di riproduzione primario (prima dell’avvio delle misure contenitive) R0 negli 11 paesi europei (media della distribuzione: 2,4)
Si assume inoltre che l’effetto degli interventi, visto come moltiplicativo, sia lo stesso i tutti i paesi.
Questi parametri sono introdotti in un modello statistico. Il codice che esegue le stime è disponibile pubblicamente sulla
piattaforma GitHub.
Risultati
Lo studio stima innanzi tutto per ciascun paese la percentuale di popolazione che potrebbe aver
realmente contratto il virus al 28 marzo 2020, con un margine di
variabilità in alcuni casi molto ampio. Per esempio per l’Italia la stima va dal 3,2% al 26%: il rapporto afferma che con i dati disponibili a quella data non è possibile fornire stime affidabili più precise.
Inoltre, per ciascun paese, il rapporto fornisce le
stime dei casi giornalieri, delle
morti reali giornaliere, e di
Rt dopo ciascuno degli interventi. Riportiamo qui sotto alcuni dei paesi analizzati.
Figura: Stime del numero di infezioni, decessi e RtGrafico a sinistra: numero giornaliero di infezioni, le barre marroni indicano le infezioni registrate, le barre blu sono le infezioni stimate, blu scuro l'intervallo credibile del 50% (CI), azzurro del 95%. Il numero di infezioni giornaliere stimate dal modello diminuisce immediatamente dopo un intervento, dato che supponiamo che tutte le persone infette diventino immediatamente meno infettive attraverso l'intervento. Successivamente, se Rt è superiore a 1, il numero di infezioni inizierà di nuovo a salire.
Grafico centrale: numero giornaliero di decessi, barre marroni deceduti registrati, bande blu deceduti stimati, IC come nel grafico a sinistra.
Grafico a destra: numero di riproduzione variabile al tempo t, verde scuro 50% CI, verde chiaro 95% CI.
Le icone sono interventi mostrati al tempo in cui si sono verificati.
In tutti i paesi il numero di
malati giornalieri stimati (fasce blu del primo grafico per ogni paese) è enormemente più alto rispetto al numero di
casi registrati (barre marroni nello stesso grafico).
Il modello statistico stima che
lunedì 30 marzo Rt fosse ancora superiore a 1 in Svezia, mentre
fosse vicino a 1 in Spagna, e
molto vicino a 1 nel Regno Unito e Italia, anche se la credibilità delle stime (ampiezza della banda verde nel terzo grafico) non consente di affermarlo con certezza.
Pur con un certo margine di
incertezza residua, i
risultati suggeriscono che l’impatto degli interventi vi sia stato in tutti i paesi facendo tendere il
numero medio di contagiati per infettato all’1 o al di sotto di esso.
Discussione e conclusioni
Lo studio ha
alcuni limiti. E’
molto influenzato dai
due paesi che avevano
osservato più decessi al 30 marzo (Italia e Spagna) e i
parametri usati nel modello statistico sono in parte
poco solidi: avere dei dati di letalità più affidabili migliorerebbe molto l’affidabilità delle stime.
Inoltre, gli
interventi osservati sono stati
troppo ravvicinati per poterne distinguere con chiarezza i singoli effetti. Se gli interventi futuri saranno inseriti in modo più distanziato sarà possibile quantificarne l’impatto in modo più raffinato.
Anche se alla data del
31 marzo non era possibile affermare con sufficiente certezza che
l’epidemia in Europa fosse sotto controllo, il rapporto suggerisce che ci sia stato un
effetto delle misure di contenimento in grado di far tendere il numero medio di contagiati per malato a uno o al di sotto di uno. E’ ipotizzabile che il proseguimento di queste misure abbia raggiunto i propri
obiettivi nella settimana successiva.
Il rapporto uscirà settimanalmente con dati aggiornati per verificare la correttezza di tale ipotesi.
A cura di: Rosa Gini e Francesco Profili, Agenzia Regionale di Sanità della Toscana
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Questa infografica "racconta", in un linguaggio semplice e con immagini, l'importanza della misure di distanziamento sociale. E' stata creata dagli allievi della Scuola di Specializzazione di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Pisa |
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