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Testo Fonte: www.asco.org
La Società di oncologia medica americana (Asco) ha diffuso la notizia di uno studio su un innovativo test di screening per il carcinoma del colon retto. C'è grande attesa per la presentazione dell'abstract 556 al Gastrointestinal Cancers Symposium 2018, in programma da domani al 20 gennaio a San Francisco.
La Società di oncologia medica americana (Asco) ha diffuso la notizia di uno studio su un innovativo test di screening per il carcinoma del colon retto. C'è grande attesa per la presentazione dell'abstract 556 al Gastrointestinal Cancers Symposium 2018, in programma da domani al 20 gennaio a San Francisco.

Lo studio, condotto in collaborazione da ricercatori di Taiwan e della Johns Hopkins University, ha rilevato che il test CellMax -CMx, utilizzato per quella che viene definita "biopsia liquida", è in grado di individuare le cellule tumorali circolanti (CTC) e di rivelare la presenza di un cancro del colon anche in stadio precoce, con un’accuratezza dell’84-88%.

È il primo studio a mostrare un'elevata sensibilità nella rilevazione delle lesioni colorettali precancerose. Ma soprattutto, il semplice prelievo di sangue può essere facilmente integrato nella routine di accertamenti clinici e a costi relativamente contenuti.

Per saperne di più:

quadratino  il comunicato stampa di Asco:
Liquid Biopsy Test Shows Promise for Detecting Early-Stage Colorectal CancerLiquid Biopsy Test Shows Promise for Detecting Early-Stage Colorectal CancerLiquid Biopsy Test Shows Promise for Detecting Early-Stage Colorectal Cancer
   
quadratino  l'abstract dello studio:
Prospective clinical study of circulating tumor cells for colorectal cancer screening
   
quadratino  l'articolo su quotidianosanita.it
Tumore del colon retto: per la diagnosi potrebbe bastare un prelievo di sangue. Nuovo studio promuove la ‘biopsia liquida’ per lo screening, anche nelle forme precoci e pre-tumorali



immagine: Freepik
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Testo Fonte: www.openwho.org
OMS Europa ha lanciato un corso online, in lingua inglese, per fornire ai medici le informazioni di cui hanno bisogno per prescrivere gli antibiotici in modo appropriato e “saggio”. I partecipanti accresceranno le proprie competenze nella gestione antimicrobica e riceveranno un attestato di partecipazione. Ad oggi sono già più di 3mila (lo dice il contatore della pagina web)!
OMS Europa ha da poco lanciato un corso online, in lingua inglese, per fornire ai medici le informazioni di cui hanno bisogno per prescrivere gli antibiotici in modo appropriato e “saggio”.

Il corso, gratuito e intitolato "Gestione antimicrobica: un approccio basato sulla competenza", è disponibile tramite la piattaforma OpenWHO.
Mentre l'iscrizione è aperta a chiunque, il corso è particolarmente rilevante per i medici che prescrivono frequentemente antibiotici.

La scoperta di questi farmaci salvavita è uno dei più importanti progressi della medicina nel 20° secolo; i dati tuttavia mostrano sempre più diffusi abusi in tutti i contesti sanitari e l'abuso contribuisce all'emergere di organismi multiresistenti, che minacciano di comprometterne l'efficacia.

La "gestione antimicrobica" (“Antimicrobial stewardship”) si riferisce a interventi progettati per promuovere l'uso ottimale degli agenti antibiotici, compresa la scelta del medicinale, il dosaggio, la via e la durata della somministrazione.

Nel corso, composto da 14 moduli, verranno esaminate le cinque conoscenze cliniche fondamentali necessarie per utilizzare gli antimicrobici con “saggezza” (modulo A-E).
Quindi, verrà illustrato come i medici possono incorporare queste conoscenze nel loro lavoro quotidiano, utilizzando scenari clinici comuni (modulo F-N).

Alla fine del corso, della durata di 8 ore, i partecipanti avranno accresciuto le proprie competenze nella gestione antimicrobica, conosceranno il modo in cui possono essere applicate in scenari clinici comuni e riceveranno un attestato di partecipazione.


Per saperne di più:

quadratino  Antimicrobial Stewardship: A competency-based approach 
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Testo Fonte: www.jamanetwork.com
L'ipertensione è il più importante fattore di rischio per morte e malattie cardiovascolari in tutto il mondo.
Una nuova revisione sistematica e meta-analisi, che ha incluso 74 trial e più di 300mila pazienti, investiga l'associazione fra la terapia per l'ipertensione e il rischio di morte o malattie cardiovascolari per i diversi valori pressori.
L'ipertensione è il più importante fattore di rischio per morte e malattie cardiovascolari in tutto il mondo.

Una nuova revisione sistematica e meta-analisi, che ha incluso 74 trial e più di 300mila pazienti, afferma che la terapia per abbassare la pressione sanguigna è associata a un ridotto rischio di morte e malattie cardiovascolari se la pressione arteriosa sistolica basale è 140 mmHg o superiore.

Al di sotto di 140 mmHg, l'effetto del trattamento è neutro nei trial di prevenzione primarie, ma con un possibile beneficio sugli eventi cardiovascolari non fatali nei trial di pazienti con malattia coronarica.

La pressione arteriosa sistolica di 140 mmHg o superiore deve essere trattata per prevenire la morte e le malattie cardiovascolari, mentre il trattamento può essere preso in considerazione nei pazienti con pressione arteriosa sistolica inferiore a 140 mmHg e malattia coronarica, ma non per prevenzione primaria.


Per saperne di più:

quadratino Association of Blood Pressure Lowering With Mortality and Cardiovascular Disease Across Blood Pressure Levels: A Systematic Review and Meta-analysis.
Brunström M, Carlberg B.
JAMA Intern Med. 2018 Jan 1;178(1):28-36.
doi: 10.1001/jamainternmed.2017.6015. PMID:29131895
logo nbst pagina dettaglio Disponibile in NBST
MA SOLO DAL MESE SUCCESSIVO ALLA PUBBLICAZIONE
   
quadratino leggi anche il nostro approfondimento Ipertensione aggiornate le linee guida americane. Le soglie minime di allerta si abbassano al di sotto di 120/80 mmHg



 
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Testo Fonte: www.thelancet.com
Obiettivo principale della ricerca dell'università di Southampton pubblicata dalla rivista Lancet Oncology è stato quello di determinare l'effetto della mutazione del gene BRCA1 o BRCA2 sugli esiti del cancro al seno in pazienti con carcinoma mammario a esordio giovanile.
Obiettivo principale della ricerca dell'università di Southampton pubblicata dalla rivista Lancet Oncology è stato quello di determinare l'effetto della mutazione del gene Brca1 o Brca2 sugli esiti del cancro al seno in pazienti con carcinoma mammario a esordio giovanile.

La mutazione Brca è stata resa famosa dall'attrice Angelina Jolie, che ha condiviso pubblicamente la decisione di farsi asportare preventivamente entrambi i seni dopo aver scoperto di possedere il gene.

2733 sono state le donne tra i 18 e i 40 anni reclutate nello studio che avevano avuto una diagnosi di tumore al seno, di cui il 12% con mutazione. Dopo circa 8 anni dalla diagnosi non erano sopravvissute al cancro 651 donne, e la mortalità è risultata uguale in entrambi i gruppi. Un terzo delle donne con la mutazione aveva optato per la doppia mastectomia, sottolineano gli autori, ma questo tipo di intervento non ha cambiato la probabilità di sopravvivenza.

Le pazienti con carcinoma mammario a esordio giovanile che presentano una mutazione del gene Brca hanno quindi una sopravvivenza simile a quella delle non portatrici, sottolineano i ricercatori.

Per le giovani donne con carcinoma mammario quindi, in particolare quelle con cancro triplo negativo o portatrici di BrcaA, la conservazione del seno con radioterapia è un'opzione sicura nel primo decennio dopo la diagnosi e la mastectomia doppia non è essenziale.


Per saperne di più:

quadratino Germline BRCA mutation and outcome in young-onset breast cancer (POSH): a prospective cohort studyGermline BRCA mutation and outcome in young-onset breast cancer (POSH): a prospective cohort study.
Copson Er, Maishman TC, Tapper WJ, et al.
The Lancet Oncology 2018;
doi: 10.1016/S1470-2045(17)30891-4
OPEN ACCESS

quadratino il commento su ansa.it
Il 'gene Jolie' non aumenta la mortalità per il tumore al seno
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Testo Fonte: www.spcare.bmj.com
Alcuni medici e infermieri pensano erroneamente che alleviare le sofferenze di fine vita somministrando forti sedativi sia una forma di eutanasia, quando invece si tratta semplicemente di rispondere ai bisogni del paziente.
Questo è quanto asserisce uno studio svolto in Belgio, i cui risultati sono appena usciti sulla rivista BMJ Supportive & Palliative Care.
Alcuni medici e infermieri pensano erroneamente che alleviare le sofferenze di fine vita somministrando forti sedativi sia una forma di eutanasia, quando invece si tratta semplicemente di rispondere ai bisogni del paziente.
Questo è quanto asserisce uno studio svolto in Belgio, i cui risultati sono appena usciti sulla rivista BMJ Supportive & Palliative Care.

I ricercatori aggiungono come sia necessario ridurre la confusione e migliorare la comunicazione relativa alla gestione dei pazienti in fase terminale, definendo in maniera univoca il significato dei "termini" che spesso si sovrappongono, come cure palliative, sedazione, sedazione palliativa, sedazione continua, sedazione continua fino al decesso, sedazione terminale, eutanasia volontaria e eutanasia involontaria.

Anche il Sole24Ore Sanità ha pubblicato un articolo dal titolo Cure palliative, la sedazione profonda non è eutanasia, dopo che il caso di Ripa di Meana ha riportato al centro dell'attenzione sulle cure di fine vita.

Per saperne di più:

quadratino Euthanasia and palliative sedation in Belgium
Cohen-Almagor R, Wesley E
BMJ Supportive & Palliative Care 2018;
doi: 10.1136/bmjspcare-2017-001398
quadratino il commento su sanita24.ilsole24ore.com
Cure palliative, la sedazione profonda non è eutanasia