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Testo Fonte: www.onlinelibrary.wiley.com
Cochrane ha pubblicato quattro revisioni sugli effetti della vaccinazione antinfluenzale in alcuni gruppi di popolazione: bambini sani, adulti sani, anziani, pazienti immunodepressi per patologie tumorali. Per ogni categoria sono state analizzate le evidenze, che riportiamo sulla base delle conclusioni degli autori.
Cochrane, attraverso i suoi collaboratori e autori di revisioni sistematiche della letteratura, raccoglie e sintetizza le migliori evidenze scientifiche per aiutare nelle scelte tra le varie strategie terapeutiche.
Nel “Cochrane Database of Systematic Reviews”, sono state pubblicate nel mese di febbraio quattro revisioni sugli effetti della vaccinazione antinfluenzale in determinati gruppi di popolazione:
  • bambini sani
  • adulti sani
  • anziani
  • pazienti immunodepressi a causa di patologie tumorali.
Per ogni categoria sono state determinate le evidenze, che sinteticamente riportiamo sulla base delle conclusioni degli autori, consigliando però anche l’attenta lettura in lingua inglese delle revisioni.

Nei bambini di età compresa tra 3 e 16 anni, i vaccini antinfluenzali vivi riducono probabilmente l'influenza (evidenza di moderata certezza) e possono ridurre l'ILI - Influenza-like illness (evidenza di bassa certezza), in una singola stagione influenzale. In questa popolazione anche i vaccini inattivati riducono l'influenza (evidenze di elevata certezza) e possono ridurre l'ILI (evidenze di bassa certezza). Per entrambi i tipi di vaccini, la riduzione assoluta dell'influenza e della ILI varia considerevolmente tra gli studi di popolazione, rendendo difficile prevedere come questi risultati si traducano in contesti diversi. Pochissimi sono gli studi randomizzati controllati in bambini sotto i due anni di età. Inoltre, i dati sugli eventi avversi non sono ben descritti negli studi disponibili e appaiono necessari approcci standardizzati per la definizione, l'accertamento e la segnalazione di eventi avversi. Gli autori specificano però che l'identificazione di tutti i casi globali di potenziali danni esula dallo scopo delle revisioni.

Gli adulti sani che ricevono un vaccino influenzale parenterale inattivato, piuttosto che nessun vaccino, rischiano meno di contrarre l’influenza, da poco più del 2% a poco meno dell'1% (prove di sicurezza moderata). Probabilmente hanno anche un minor numero di ILI (Influenza-like illness) dopo la vaccinazione, ma il grado di beneficio espresso in termini assoluti varia nei diversi contesti. La variazione della protezione contro ILI può essere dovuta in parte alla classificazione dei sintomi. La certezza dell'evidenza per le riduzioni ridotte dei ricoveri e il tempo perduto al lavoro è bassa.
I vaccini aumentano il rischio di una serie di eventi avversi, compreso un piccolo aumento della febbre, ma i tassi di nausea e vomito sono incerti. Anche l'effetto protettivo della vaccinazione nelle donne in gravidanza e nei neonati è molto modesto. Non è stata rilevata alcuna prova di un'associazione tra vaccinazione antinfluenzale e eventi avversi gravi negli studi comparativi considerati in questa recensione. Gli autori precisano anche che ben 15 studi inclusi erano finanziati dall'industria (29%).

Gli anziani che ricevono il vaccino influenzale possono avere un rischio inferiore di influenza (dal 6% al 2,4%) e probabilmente hanno un rischio inferiore di ILI (Influenza-like illness ) rispetto a quelli che non ricevono una vaccinazione nel corso di una singola stagione influenzale (da 6 da% a 3,5%). Ci sono incertezze su quanto grande sarà la differenza di questi vaccini nelle diverse stagioni. Si sono verificati pochissimi decessi e non sono stati riportati dati sul ricovero ospedaliero. Nessun caso di polmonite si è verificato in uno studio che ha riportato questo risultato e non sono disponibili informazioni sufficienti per valutare i danni relativi alla febbre e alla nausea in questa popolazione.
Purtroppo le evidenze di un minor rischio d’influenza e ILI con la vaccinazione sono limitate da bias nella progettazione o nella conduzione degli studi e la mancanza di dettagli riguardo ai metodi usati per confermare la diagnosi d’influenza limita l'applicabilità di questo risultato. Inoltre, le prove disponibili relative alle complicanze sono di scarsa qualità, insufficienti o vecchie e non forniscono indicazioni chiare per la salute pubblica in merito alla sicurezza, efficacia o efficacia su campo (safety, efficacy, effectiveness) dei vaccini antinfluenzali per le persone di età pari o superiore a 65 anni. La società dovrebbe investire nella ricerca di una nuova generazione di vaccini antinfluenzali per gli anziani.

Nei pazienti con tumori, i dati osservazionali suggeriscono una mortalità minore e meno eventi correlati alle infezioni grazie alla vaccinazione antinfluenzale. La forza delle evidenze è limitata dal numero di studi e dal basso grado di evidenza. Sembra che le prove, anche se deboli, dimostrino che i benefici superano i potenziali rischi quando si vaccinano contro l'influenza adulti con tumori. Tuttavia, ulteriori studi RCT, confrontati con placebo o in assenza di trattamento per la vaccinazione antinfluenzale tra gli adulti con tumore sono eticamente discutibili. Non ci sono evidenze conclusive riguardo l'uso di vaccini antinfluenzale adiuvati rispetto ai non adiuvati in questa popolazione.

Per saperne di più:

NBST non ha accesso diretto al periodico

quadratino Vaccines for preventing influenza in healthy children
Tom Jefferson, Alessandro Rivetti, Carlo Di Pietrantonj, Vittorio Demicheli
Cochrane Database of Systematic Reviews Online Publication Date: February 2018 DOI: 10.1002/14651858.CD004879.pub5 
  Authors' conclusions
In children aged between 3 and 16 years, live influenza vaccines probably reduce influenza (moderate-certainty evidence) and may reduce ILI (low-certainty evidence) over a single influenza season. In this population inactivated vaccines also reduce influenza (high-certainty evidence) and may reduce ILI (low-certainty evidence). For both vaccine types, the absolute reduction in influenza and ILI varied considerably across the study populations, making it difficult to predict how these findings translate to different settings.
We found very few randomised controlled trials in children under two years of age. Adverse event data were not well described in the available studies. Standardised approaches to the definition, ascertainment, and reporting of adverse events are needed. Identification of all global cases of potential harms is beyond the scope of this review.

quadratino Vaccines for preventing influenza in healthy adults
Vittorio Demicheli, Tom Jefferson, Eliana Ferroni, Alessandro Rivetti, Carlo Di Pietrantonj
Cochrane Database of Systematic Reviews.Online Publication Date: February 2018 DOI: 10.1002/14651858.CD001269.pub6
  Authors' conclusions
Healthy adults who receive inactivated parenteral influenza vaccine rather than no vaccine probably experience less influenza, from just over 2% to just under 1% (moderate-certainty evidence). They also probably experience less ILI following vaccination, but the degree of benefit when expressed in absolute terms varied across different settings. Variation in protection against ILI may be due in part to inconsistent symptom classification. Certainty of evidence for the small reductions in hospitalisations and time off work is low. Protection against influenza and ILI in mothers and newborns was smaller than the effects seen in other populations considered in this review.
Vaccines increase the risk of a number of adverse events, including a small increase in fever, but rates of nausea and vomiting are uncertain. The protective effect of vaccination in pregnant women and newborns is also very modest. We did not find any evidence of an association between influenza vaccination and serious adverse events in the comparative studies considered in this review. Fifteen included RCTs were industry funded (29%).

quadratino Vaccines for preventing influenza in the elderly
Vittorio Demicheli, Tom Jefferson, Carlo Di Pietrantonj, Eliana Ferroni, Sarah Thorning, Roger E Thomas, Alessandro Rivetti
Cochrane Database of Systematic Reviews Online Publication Date: February 2018 DOI: 10.1002/14651858.CD004876.pub4
  Authors' conclusions
Older adults receiving the influenza vaccine may have a lower risk of influenza (from 6% to 2.4%), and probably have a lower risk of ILI compared with those who do not receive a vaccination over the course of a single influenza season (from 6% to 3.5%). We are uncertain how big a difference these vaccines will make across different seasons. Very few deaths occurred, and no data on hospitalisation were reported. No cases of pneumonia occurred in one study that reported this outcome. We do not have enough information to assess harms relating to fever and nausea in this population.
The evidence for a lower risk of influenza and ILI with vaccination is limited by biases in the design or conduct of the studies. Lack of detail regarding the methods used to confirm the diagnosis of influenza limits the applicability of this result. The available evidence relating to complications is of poor quality, insufficient, or old and provides no clear guidance for public health regarding the safety, efficacy, or effectiveness of influenza vaccines for people aged 65 years or older. Society should invest in research on a new generation of influenza vaccines for the elderly.

quadratino Influenza vaccines in immunosuppressed adults with cancer
Roni Bitterman, Noa Eliakim‐Raz, Inbal Vinograd, Anca Zalmanovici Trestioreanu, Leonard Leibovici, Mical Paul
Cochrane Database of Systematic Reviews Online Publication Date: February 2018 DOI: 10.1002/14651858.CD008983.pub3
  Authors' conclusions
Observational data suggest lower mortality and infection-related outcomes with influenza vaccination. The strength of evidence is limited by the small number of studies and low grade of evidence. It seems that the evidence, although weak, shows that the benefits overweigh the potential risks when vaccinating adults with cancer against influenza. However, additional placebo or no-treatment controlled RCTs of influenza vaccination among adults with cancer is ethically questionable.There is no conclusive evidence regarding the use of adjuvanted versus non-adjuvanted influenza vaccine in this population.

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Testo Fonte: www.onlinelibrary.wiley.com
Un team della University College London ha condotto una revisione sistematica degli studi pubblicati sul ruolo che la nutrizione svolge nello sviluppo della fragilità.
In particolare, i ricercatori hanno esaminato l'associazione tra dieta mediterranea e fragilità negli anziani e tra gli studi considerati nella revisione, è stato incluso "Invecchiare in Chianti", l'indagine svolta in Toscana.
Sebbene non sia stato raggiunto un criterio standard di definizione, la fragilità è generalmente descritta come uno stato di maggiore vulnerabilità dovuto all'accumulo, correlato all'età, di deficit e basse riserve fisiologiche.

Generalmente è contraddistinta negli anziani dalla presenza di alcune caratteristiche fisiche: perdita di peso, affaticamento, riduzione della forza muscolare, basso livello di attività fisica e riduzione della velocità di movimento. E la sua prevalenza è in aumento con l'invecchiamento e costituisce un indicatore del rischio di disabilità.
Gli anziani definiti “fragili” hanno infatti maggiori probabilità di soffrire di problemi quali, cadute, fratture, disabilità, demenza, morte prematura e conseguenti rischi di ospedalizzazione e ricovero in strutture per lunga degenza.

Si ritiene che la nutrizione svolga un ruolo cruciale nello sviluppo della fragilità e un team guidato da Kate Walters e Gotaro Kojima della University College London ha condotto una revisione sistematica degli studi pubblicati su questo tema. In particolare, i ricercatori hanno esaminato l'associazione tra dieta mediterranea e lo sviluppo della fragilità negli individui più anziani.

L'analisi ha selezionato inizialmente 125 studi. Infine, solo quattro studi sono stati considerati, condotti rtispettivamente in Francia, Spagna, Italia e Cina su un totale di 5789 persone. La revisione ha concluso che tanto più fedelmente gli anziani aderivano ai precetti della dieta mediterranea (ricca di pesce, legumi, frutta secca, frutta e verdura), tanto minore era il rischio di divenire “fragili”.

Tra gli studi considerati, è stato incluso anche "Invecchiare in Chianti", l'indagine durata quindici anni e condotta in Toscana, nel Chianti appunto. Ideata e promossa dal gerontologo Luigi Ferrucci, la ricerca ha analizzato i processi di invecchiamento della popolazione residente.

Per saperne di più:

quadratino Adherence to Mediterranean Diet Reduces Incident Frailty Risk: Systematic Review and Meta-Analysis
Kojima G, Avgerinou C, Iliffe S and Walters K.
Jounal of American Geriatric Society, version online: 11 JAN 2018 | DOI: 10.1111/jgs.15251
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l'articolo può essere richiesto alla  propria biblioteca di riferimento
   
quadratino leggi anche l'articolo sullo studio Invecchiare in Chianti:
Invecchiare in Chianti: A higher adherence to a Mediterranean-style diet is inversely associated with the development of frailty in community-dwelling elderly men and women.
Talegawkar SA, Bandinelli S, Bandeen-Roche K, Chen P, Milaneschi Y, Tanaka T, Semba RD, Guralnik JM, Ferrucci L.
J Nutr. 2012 Dec;142(12):2161-6




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Testo Fonte: www.bmj.com
Vari studi hanno fino ad oggi  evidenziato come alcune patologie croniche singole possano predisporre all’insorgenza di forme tumorali. Nello studio appena pubblicato dal BMJ, gli autori hanno considerato l'effetto combinato delle principali malattie croniche e/o di “markers” sul rischio di tumore.
Vari studi hanno fino ad oggi evidenziato come alcune patologie croniche possano predisporre all’insorgenza di forme tumorali, ma le indagini avevano considerato malattie singole e non in associazione.

Nello studio prospettico di coorte, pubblicato sul BMJ, gli autori hanno analizzato i dati riferiti a più di 400mila persone per un periodo di quasi 9 anni.
I partecipanti allo studio non avevano precedenti di tumore ed avevano completato un questionario sulla propria anamnesi e i propri stili di vita, sottoponendosi ad una serie di esami tra il 1996 e il 2007. Sono state considerate contemporaneamente diverse delle principali malattie croniche e/o di “markers”: questo ha permesso la stima del loro effetto congiunto sul rischio di tumore.

Dallo studio è emerso che le malattie cardiovascolari, il diabete, l'insufficienza renale e quella polmonare e l'artrite sono significatamente associati ad un aumento del rischio di tumore e di mortalità.
Infatti questi fattori contribuiscono a oltre un quinto dei tumori incidenti e a più di un terzo delle morti per cancro, con dati paragonabili al contributo combinato di cinque fattori di rischio negli stili di vita.

Tra le persone che facevano attività fisica regolare però, sottolineano gli autori, l'aumento del rischio diminuisce del 40%. Le malattie croniche devono essere quindi considerate nella prevenzione dei tumori e i risultati di questo studio possono avere delle implicazioni per lo sviluppo di nuove strategie.

Per saperne di più:

quadratino Cancer risk associated with chronic diseases and disease markers
Tu H, Wen CP, Tsai SP, Chow WH, Wen C, Ye Y, Zhao H, Tsai MK, Huang M, Dinney CP, Tsao CK, Wu X
BMJ 2018;360:k134 doi: https://doi.org/10.1136/bmj.k134
OPEN ACCESS
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Testo Fonte: www.journals.plos.org
Il numero dei parti cesarei è in crescita in tutto il mondo e, in particolare, sono in aumento i cesarei senza “indicazione medica”. In letteratura, inoltre, sono ben descritte le associazioni del parto cesareo a breve termine, ma le donne non sono altrettanto adeguatamente informate sui rischi e i benefici a lungo termine.
Il numero dei parti cesarei è in crescita in tutto il mondo e, in particolare, sono in aumento quelli senza “indicazione medica”. In letteratura, inoltre, sono ben descritte le associazioni del parto cesareo a breve termine, ma le donne non sono altrettanto adeguatamente informate sui rischi e i benefici a lungo termine, per loro stesse, i loro figli e le future gravidanze. In questo contesto si inserisce la revisione sistematica appena uscita, che vuole sintetizzare appunto le prove disponibili sulle associazioni a lungo termine.

Cosa hanno esaminato gli autori?

Gli autori hanno realizzato una revisione sistematica ricercando studi randomizzati controllati e studi di coorte prospettici di grandi dimensioni, che abbiano valutato i risultati a lungo termine del cesareo rispetto al parto vaginale. Dagli studi è stato riscontrato come il parto cesareo sia associato a ridotta incontinenza urinaria e prolasso degli organi pelvici nella madre e con aumentate probabilità di asma e obesità nel bambino.
Il parto cesareo è associato alla futura subfertilità e a molti rischi nelle successive gravidanze, come ad esempio placenta previa, rottura uterina e morte del feto.

Cosa indicano questi risultati?

Questi risultati potranno aiutare a migliorare la discussione tra medici e pazienti sulle modalità del parto. Le pazienti avranno maggiori informazioni circa potenziali rischi e benefici a lungo termine. Occorre però tener presente che la maggior parte dei dati inclusi nella revisione proviene da studi osservazionali eseguiti in paesi ad alto reddito e ciò implica necessariamente che i risultati devono essere interpretati con cautela.

Per saperne di più:

quadratino Long-term risks and benefits associated with cesarean delivery for mother, baby, and subsequent pregnancies: Systematic review and meta-analysis
Keag OE, Norman JE, Stock SJ.
PLoS Med. 2018 Jan 23;15(1):e1002494. doi: 10.1371/journal.pmed.1002494. eCollection 2018 Jan
OPEN ACCESS



Immagine: Photo by freestocks.org on Unsplash
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Testo Fonte: www.aace.com
L’ “algoritmo per la gestione delle persone con diabete di tipo 2" fornisce ai medici una guida pratica che considera il paziente nella sua complessità. Originariamente redatto nel 2013, l'algoritmo è stato aggiornato con nuove terapie, approcci gestionali e dati clinici importanti. L'edizione 2018 include anche una sezione aggiornata sugli stili di vita come terapia, nonché la discussione delle classi di farmaci per obesità, ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti e antipertensivi.
L’American Association of Clinical Endocrinologists ha recentemente pubblicato un aggiornamento di quello che viene definito l’“algoritmo per la gestione delle
persone con diabete di tipo 2".
L’algoritmo è stato sviluppato per fornire ai medici una guida pratica che considera il paziente nella sua complessità, i suoi fattori di rischio e le possibili
complicazioni, fornendo un approccio al trattamento basato su prove di evidenza.

Il progressivo difetto delle cellule beta del pancreas, che guida nel tempo il deterioramento del controllo metabolico, inizia presto e potrebbe essere presente prima della diagnosi di diabete; oltre a sostenere il controllo glicemico per ridurre le complicanze microvascolari, il documento evidenzia l’obesità e il prediabete come fattori di rischio sottostanti per lo sviluppo di T2D e le complicanze macrovascolari associate.

L’algoritmo fornisce anche raccomandazioni per la pressione arteriosa e il controllo dei lipidi, i due principali fattori di rischio per le patologie del sistema cardiovascolare (CVD).

Originariamente redatto nel 2013, l'algoritmo è stato aggiornato con nuove terapie, approcci gestionali e dati clinici importanti. L'edizione 2018 include una sezione aggiornata sugli stili di vita come terapia, nonché la discussione di tutte le classi di farmaci per obesità, ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti e antipertensivi approvati dalla FDA (Food and Drug Administration) negli Stati Uniti fino a dicembre 2016.

Il documento riporta anche delle slide, utili per avere un’immediata sintesi delle principali raccomandazioni.

Per saperne di più:

quadratino  Consensus statement by the American Association of clinical Endocrinologists and American College of Endocrinology on the comprehensive type 2 diabetes management algorithm – 2018 executive summary
Garber AJ, Abrahamson MJ,Barzilay JI, et al.
Endocrine Practice: January 2018, Vol. 24, No. 1, pp. 91-120
OPEN ACCESS
quadratino  leggi e scarica le slide di presentazione dell'algoritmo



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